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Costi e conseguenze

Ogni azione comporta delle conseguenze, e i benefici richiedono sempre costi specifici; non esiste nulla di veramente gratuito, come suggerisce il noto cliché. Tuttavia, coloro che si proclamano leader e ricoprono incarichi politici sembrano ancora ignorare l'elemento più ovvio di tutti: il costo umano e le conseguenze sulla vita umana derivanti dalle decisioni esecutive e dalle politiche pubbliche.

Quando affermiamo che le azioni hanno delle conseguenze, che i benefici comportano costi specifici e che nulla nella vita è gratuito, ci riferiamo a verità ben note. Pertanto, prima di annunciare un decreto esecutivo, attuare politiche pubbliche o organizzare una campagna elettorale, è essenziale iniziare con analisi costi-benefici, pianificazione degli scenari e simulazioni per valutare ogni possibile risultato. Eppure, spesso trascuriamo o addirittura ignoriamo il costo umano e le conseguenze che tali decisioni hanno sulla vita delle persone e sul tessuto sociale.


Troppo spesso assistiamo a politiche pubbliche fallimentari, leggiamo di decisioni esecutive avviate senza un'adeguata riflessione, o osserviamo campagne elettorali che mirano a dividere piuttosto che unire. Tutto ciò accade perché non si tiene conto dell'aspetto umano nel calcolo della "Grande Strategia", in particolare dei costi e delle conseguenze per le persone e la società nel suo complesso.


Si tratta di arroganza? È possibile che qualcuno sia così arrogante da credere che la propria formula sia infallibile, che il proprio genio superi quello del 99,99% delle creature viventi, credendosi l'apice di tutta la vita intelligente conosciuta? Oppure è semplicemente la manifestazione della cosiddetta “sindrome del Metal Dude”?


Un mentore che stimo molto una volta mi disse: “Non chiedere mai consigli sugli investimenti a una persona povera e non chiedere mai a una persona ricca cosa serve ai poveri”. Il messaggio è chiaro: cercare sempre consiglio da fonti appropriate. Tuttavia, ciò che ritengo sia stata la lezione più importante impartita dal mio mentore è che dobbiamo sempre cercare collaborazioni che ci portino fuori dalla nostra zona di comfort. Non è sufficiente che persone con idee simili e background o titoli accademici affini si riuniscano per contemplare una “Grande Strategia per la Società”. Gli scienziati comportamentali avvertono che con un simile approccio si rischia di incorrere nel “pensiero di gruppo”. Come stratega, osservo che tale collaborazione manca dei contributi essenziali da parte dei partecipanti chiave.


Vorrei illustrare questa osservazione con alcuni esempi specifici:


  1. I sondaggi trimestrali di World Economics indicano che Afghanistan, Zimbabwe e Nigeria sono le nazioni con le più grandi economie sommerse. L’esperienza quotidiana delle persone che vivono in questi Paesi sarebbe quindi molto istruttiva per chiunque cerchi di comprendere gli effetti che livelli schiaccianti di attività economiche informali – comunemente definite come “mercato nero” o “economia sommersa” – hanno sulle economie nazionali e sulla società in generale.
  2. Recentemente, Boston Consulting Group ha pubblicato un’analisi dell’economia sommersa globale, basata su vari casi di studio e dati provenienti da tutto il mondo. La principale preoccupazione riguardante l’economia sommersa è che essa contribuisce direttamente ad alimentare attività criminali, provocando perdite per le finanze pubbliche, sfruttamento di esseri umani e distorsioni economiche, portando a un deficit di fiducia nelle istituzioni di governance.
  3. Esistono anche evidenze aneddotiche secondo cui la pandemia da Covid-19 e le pressioni inflazionistiche sui beni essenziali negli anni post-pandemia hanno spinto più persone a entrare nell’economia sommersa per sostenere le proprie famiglie. Questa tendenza continua poiché l’inflazione persiste, specialmente nei Paesi dove i sistemi di conformità e le istituzioni di governance sono meno sviluppati.

Per affrontare i problemi derivanti dall'aumento dell’economia sommersa, i politici devono considerare gli input provenienti da tutti i livelli della società e valutare il costo e le conseguenze umane di ogni decisione o politica promossa. Concentrarsi esclusivamente sulle finanze pubbliche, senza considerare l’impatto sulla vita quotidiana dei cittadini, spinge sempre più persone nell’economia sommersa. D’altro canto, cercare di risolvere ogni problema di ogni singolo cittadino potrebbe portare al collasso delle risorse pubbliche.


L’equilibrio necessario per raggiungere un risultato positivo per il maggior numero possibile di persone dovrebbe quindi partire da un principio simile al giuramento di Ippocrate: “Primo, non nuocere”. Qualsiasi analisi costi-benefici o pianificazione di scenari per decisioni esecutive e politiche pubbliche deve sempre partire dalla domanda: “Quale sarà il costo di questa idea sulla vita umana?”. Questo approccio si applica a qualsiasi decisione e politica, che si tratti di diplomazia, tassazione, sanità, immigrazione o sviluppo di nuove tecnologie. Per ottenere questo equilibrio, è fondamentale raccogliere input da tutti i livelli della società. In fin dei conti, a cosa serve risolvere i problemi del debito nazionale se la politica trasferisce quel debito sugli individui e sulle famiglie? Ciò non farà altro che spingere ancora più persone verso l’economia sommersa, creando un circolo vizioso di politiche inadeguate e di elettori sempre più impoveriti.


Per i leader nazionali che si trovano ad affrontare questioni difficili, offro questa formula: i leader che non si prendono cura del proprio popolo sono destinati a non durare a lungo. Unire tutti i livelli della società, dalle élite più ricche alla fascia demografica più povera, in uno sforzo collaborativo per il bene comune è ciò che i leader devono fare per fare la cosa giusta.


Costruiamo insieme un Futuro migliore del Passato.


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